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PALLACANESTRO CANTÙ RICORDA GIANNI CORSOLINI

17 Feb, 2023

Due anni senza Gianni Corsolini. Due anni fa come oggi, il 18 febbraio del 2021, ci lasciava un eroe autentico della palla a spicchi e un simbolo incontrastato della canturinità. Padre e memoria storica del basket italiano, ma anche narratore sopraffino e arguto, Corsolini ha legato indissolubilmente la sua vita a quella della Pallacanestro Cantù. Un eroe di Cantù e per Cantù.

Nato a Bologna il 5 ottobre del 1933, Corsolini iniziò la sua avventura nel basket nel 1957 in qualità di responsabile del settore giovanile della Virtus Bologna. Nel 1958 il passaggio in Brianza come capo allenatore (per due campionati), quindi altri due anni come dirigente, per poi tornare in panchina per altre tre stagioni. Fu lui a scegliere Boris Stankovic come allenatore nel 1966; il compianto coach serbo del primo scudetto brianzolo nella stagione 67/68. Nel 1969 passò come General Manager alla Snaidero Udine, poi dal 1986 al 1996 eccolo di nuovo a Cantù, come GM e braccio destro del presidentissimo Aldo Allievi. Nel 1991 la vittoria della quarta e ultima Coppa Korac canturina. È stato il terzo presidente nella storia della Lega Basket, dal 1977 al 1979. Dal 1998 al 2005 è stato invece presidente dell’USAPP, l’Unione sindacale per gli allenatori di pallacanestro professionisti. Fu lui a scoprire, tra gli altri, Arnaldo Taurisano, Carlo Recalcati e Fabrizio Della Fiori. Nel 2009 Gianni Corsolini è stato inserito nell’Italia Basket Hall of Fame.

Il suo mandato alla guida della Lega si caratterizzò per la sua abilità nel tessere relazioni fruttuose per la crescita del movimento cestistico. In questo senso, Corsolini fu pioniere anche a livello di marketing sportivo, quando inventò i rapporti di sponsorizzazione tecnica delle case produttrici di abbigliamento, in qualità di aziende fornitrici ufficiali delle squadre di basket di Serie A1 e Serie A2.

Mai banale e dotato di grande ironia, Corsolini ha deliziato generazioni di lettori con la sua rubrica settimanale sulle pagine del quotidiano La Provincia di Como, un appuntamento fisso divenuto negli anni un autentico “cult” dal titolo Ai Lov Dis Gheim. Era la versione di Gianni dei fatti della settimana, tradotta rigorosamente su carta stampata, tra sport, basket, Cantù, cultura, società e attualità.

È proprio così, oggi, 18 febbraio 2023, sono due anni esatti senza Gianni Corsolini e ci manca tantissimo. Ciao Gianni, Wi Miss Iu!

«Ci sono squadre di basket e posti del cuore. La Pallacanestro Cantù era il posto del cuore di Gianni Corsolini e, conseguentemente, della nostra famiglia – le parole di Luca Corsolini, figlio di Gianni -. Mi vengono in mente due episodi, adesso che sono due anni dalla scomparsa di mio padre. Il primo: il giorno del funerale. Roberto Allievi che appoggia con una delicatezza da fratello minore una maglietta sulla bara. Poi, più avanti, il giorno di Cantù-Udine, le due squadre della sua vita, anche se Udine non è nemmeno mai arrivata al titolo di fidanzata. Quella volta hanno consegnato a mia madre una maglia col numero… infinito. Ma come, obietterà qualcuno, vittorie e sconfitte, giocatori e allenatori, dirigenti e tifosi, sponsor e tu ricordi due pezzi di stoffa? Il fatto è che quella maglietta è un’idea, un testimone che in tanti si sono passati negli anni. Non è solo questione di gioco in velocità o di college: lo stile Cantù è un mix di tante idee, dell’impegno di tante persone. Sempre il giorno del funerale, abbiamo distribuito un santino su cui c’era scritto: è stata una bella partita. È un sollievo sapere che non è ancora finita».

«Conosco la famiglia Corsolini da oltre 60 anni – sottolinea il presidente della Pallacanestro Cantù, Roberto Allievi -. Gianni è stato un prezioso e saggio consigliere e collaboratore, una figura che ha dato tantissimo al nostro Club, sia nella prima sia nella sua seconda esperienza in Brianza. Un grande uomo che ha legato il suo nome a Cantù e a tutto il movimento del basket italiano. Lo sport dovrebbe continuare a ispirarsi a figure come lui. Se aveva difetti? Uno sì, quando iniziava a parlare, bisognava essere pronti a spegnere la luce a una certa ora o si faceva l’alba».

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